Frammenti
Dall'Atto V del libro "Le Tigri di Telecom". Buona lettura.

L’ANNO DELLA TIGRE


Si dice che il 2005 sia stato l’anno peggiore per la security di Telecom Italia. Da un certo punto di vista, fu una specie di terremoto che scardinò tutti i progetti e le certezze del clan di Tavaroli. Prima gli articoli ammiccanti sull’“Espresso” e “La Repubblica” e poi la famosa perquisizione del 3 maggio che sgomentò i ranghi che avevano sempre osannato l’invincibile capo.
Si narra che dopo la perquisizione ai danni di Giuliano Tavaroli, nell’ufficio milanese di via Victor Hugo si scatenò una vera e propria psicosi collettiva: documenti, dischi, nastri, addirittura interi computer vennero tritati e disintegrati, vittime dei sensi di colpa e dei “non si sa mai”.
Alcuni dirigenti si scambiavano battute augurandosi di finire almeno in celle vicine. Altri si affrettavano a chiedere il wiping completo delle proprie postazioni informatiche. Altri ancora pretendevano la distruzione di tutto ciò che era stato anche solo toccato da quegli scomodi personaggi coinvolti nell’inchiesta.
Non rammento se prima o dopo la perquisizione subita da Giuliano TAVAROLI nel mese di maggio 2005, su esplicita indicazione di Fabio GHIONI, buttai via le cartelline degli elaborati di BERNARDINI per non avere nulla che riportasse ai nostri rapporti con la GLOBAL, dopo aver fatto la verifica con le richieste di pagamento avanzate dall’agenzia investigativa con richiesta scritta (una cosa analoga avvenne alla fine del 2005, forse inizi del 2006, allorquando io comunicai al mio responsabile GHIONI di avere nella cassaforte del mio ufficio circa 10 fascicoli consegnatimi da Giuliano TAVAROLI ad agosto del 2004 al fine di custodirli. I fascicoli in questione, almeno quelli che ho aperto, erano relativi ad elaborati della GLOBAL e della POLIS D’ISTINTO. Alla mia richiesta circa l’uso da farne, Fabio mi disse di non conoscere nessun fascicolo e di conseguenza di distruggerli. Diedi corso a tale disposizione e per tale motivo non conservo più nulla).
C.P. dall’ordinanza del 23 marzo 2007
Tra le chiacchiere di corridoio ne ricordo una sull’“Operazione Pira”, pagata circa milleduecento euro il 3 marzo 2005, cioè poco prima della perquisizione di Tavaroli. I più maliziosi associarono subito l’oggetto della fornitura alle gigantesche torri di legno che venivano bruciate dai greci per onorare i propri defunti.
“CON UNA TANICA DI BENZINA HO BRUCIATO I SEGRETI DEI VIP”
MILANO - L’ex capo della sicurezza Telecom, Giuliano Tavaroli, l’intoccabile, l’uomo senza limiti di spesa e senza nessuno al di sopra di lui, tranne il presidente Tronchetti Provera, quando arriva alla guida della security aziendale decide una nuova gestione dell’ufficio: ogni dossier riservato, subito dopo l’utilizzo, deve essere distrutto, bruciato. A svelare il maniacale metodo di distruzione dei documenti è uno degli indagati, che racconta di un’operazione segreta in una cava a Milano, a pochi passi dal terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa. Marco Bernardini è il primo nome della lista dei 20 finiti in manette fino al 25 luglio scorso, si “salva”, accettando di raccontare ai magistrati il suo lavoro “sporco” per conto di Telecom e Pirelli. La richiesta d’arresto a suo carico viene così ritirata l’11 settembre. Le sue dichiarazioni sono raccolte in nove pagine fitte dell’ordinanza di custodia cautelare. Un episodio è particolarmente interessante e secondo il GIP spiega anche perché “la polizia giudiziaria non ha trovato né presso Telecom, né presso Pirelli, traccia delle attività svolte dagli investigatori privati”. “Nel novembre 2004 mi telefonò M. R. della Pirelli e mi disse che bisognava distruggere tutti i documenti in mio possesso – racconta ai magistrati – io noleggiai un furgoncino e mi recai a caricare il materiale per portarlo insieme con la donna che mi aveva chiamato e un’altra persona in una cava nei pressi di Malpensa utilizzata dalla polizia per far brillare gli esplosivi”, cioè per le bombe inesplose della seconda guerra mondiale. I dossier pericolosi, quelli sui De Benedetti, i Della Valle, i Benetton e gli altri uomini dell’alta finanza dovevano essere distrutti, fatti esplodere, come un vecchio ordigno: “Cosparsi di benzina il materiale e lo bruciai. Erano i report di Cipriani e in qualche caso quelli della società per cui io lavoro”. Bernardini ricorda che molti dossier erano gemelli, cioè fatti dall’una e dall’altra società di investigazioni, forse per avere un maggior controllo. In ogni caso, come deciso da Tavaroli, tutti i dossier sarebbero stati cancellati in uno spettacolare rogo.

La Repubblica, 22 settembre 2006

Siamo in onda...
Wow. Si è aperta la caccia al libro. Le notizie sembrano confortanti: librerie anche inaspettate lo espongono accanto a testi più seri come l'ultima fatica di Marco Travaglio.
Le copertine sono in tono, quindi sicuramente non sfigura. Può essere anche che piaccia, chi lo sa.
Nel frattempo la soddisfazione di averlo visto come da foto nella libreria Feltrinelli vicina al Campidoglio: non sarà in vetrina, nè in qualche posto di quelli che tutti vedono, ma accanto ai big... potrei parafrasare una nota pubblicità: "non ha prezzo".
Nel frattempo si susseguono commenti e discussioni, tra le quali spunta anche qualche contatto ormai dimenticato che fa sempre molto piacere rincontrare. Per ora tutto positivo, può darsi che più in la' si farà avanti anche qualche contrario: le opinioni sono tutte bene accette, io ho detto la mia, ora spazio agli altri.

The day after
Non me l'aspettavo proprio. La conferenza è andata meglio delle aspettative, nei tempi, nelle modalità, nella compagnia e nelle belle sorprese che non sono mancate.
Prima di tutto la straordinarietà della compagnia: diverse persone, provenienti da ogni angolo dell'Italia per un evento più unico che raro che difficilmente si potrà ripetere. Antonella e Simona da Bologna, Ivan da Milano, Marcello da Viterbo, Monica da Bari, Alessandro da Ferrara: tutti insieme dietro quel grande tavolo di legno pronti per una nuova avventura su cui ciascuno ha messo del suo.
E poi tutte le persone che sono venute, amici e conoscenti, per testimoniare la loro presenza e il supporto a un'iniziativa così fuori dal comune. Purtroppo, complice il luogo più vicino alla mia città di residenza, molte delle persone erano lì per me. Non me ne voglia Alessandro, autore del difficile libro "Disonora il padre e la madre", di cui ho apprezzato l'intervento deciso e sentito su un tema così delicato come la pedofilia infantile.
Comunque le persone erano talmente tante e variegate che mi dispiace non aver dedicato abbastanza tempo per tutti. Chiedo venia per chi si è sentito un po' trascurato, non era sicuramente mia intenzione.
L'introduzione di Marcello è stata come sempre "personale", di quella personalità che riesce a rendere ogni cosa più intima e semplice, quasi familiare. L'intervento di Ivan ha ribadito la necessità di un'informazione più matura, a misura d'uomo per un pubblico ormai in grado di comprenderla, criticarla ed eventualmente accettarla.
L'assessore alle politiche culturali Umberto Croppi ha chiuso il cerchio "istituzionale" apprezzando il progetto e le sue finalità, soprattutto per la gestione diretta e senza filtri di storie importanti e delicate come quelle in uscita: "Una nuova collana editoriale dai contenuti scabrosi ma sicuramente utili ed interessanti" perchè "dichiarare in partenza di non voler fingere e di voler esprimere fino in fondo la verita' responsabilizza chi scrive".
Simona e Antonella hanno quindi illustrato la lista dei prossimi titoli in uscita, approfondendo in particolare i contenuti di quello che sarà il terzo libro della collana, scritto da Simona e previsto per maggio. Un libro sulla controversa azione notturna presso la scuola Diaz, avvenuto durante il G8 di Genova del 2001.
Quindi è toccato ad Alessandro e me chiudere con due parole sulle nostre "creature", pochi minuti per descrivere al meglio la nostra chiave di lettura per due lavori comunque complessi e per certi versi molto delicati. Uno per il tema trattato, l'altro per la risonanza mediatica.
Un bilancio alla fine positivo, soprattutto per la presenza di un buon numero di giornalisti di varie testate, compresa qualche televisione locale. Speriamo bene.
Purtroppo non ho una trascrizione del discorso, che molti hanno detto estremamente efficace (non me l'aspettavo: in realtà stupirò tutti dicendo che sono andato completamente a braccio), magari troverò qualcosa da qualche parte, tanto ormai la maggior parte delle dichiarazioni e delle informazioni si trovano su Internet. Anche quelle che non ti aspetti...

To tech or not to tech?
Qualche amico un po' più "tecnologo" mi ha già tirato le orecchie: "ma come, parliamo di hacker, attacchi, tiger team, fantasticherie elettroniche, e poi non c'è una trattazione tecnica da assaporare?". E' vero. Chi si aspettasse digressioni tecnologiche approfondite rimarrà deluso.
Per la prima stesura del libro io e Andrea (Monti) avevamo pensato di dare un profilo molto più dettagliato del mondo tecnologico che avevamo avuto la fortuna di vivere, qualcosa che riportasse in bella mostra brandelli di codice, schemi di apparecchiature e sistemi, esempi di analisi forensi e strumenti e metodologie di attacco.
Ricordo ancora il primo incontro con Marcello (Baraghini), era in uno di quei bar lampo che ornano i binari della Stazione Termini di Roma. Mi guarda come lui solo sa fare e spara: "L'idea è buona, ma il libro è scritto male". Non mi sono stupito, d'altronde avevo buttato giù tutto di getto, senza ricontrollare, semplicemente aiutato da una scaletta di argomenti che potevano costruire un filo logico. Però quello "scritto male" mi era rimasto in testa: ho letto cose molto più imbarazzanti, capisco che potevano esserci ampi margini di manovra, ma "scritto male", no, mi sembrava troppo.
La spiegazione me la diede Antonella: secondo lei il libro non era scritto male in termini letterari, ma era semplicemente troppo "tecnico", al punto da diventare incomprensibile per la maggioranza. Conteneva troppi salti logici e considerazioni che richiedevano una competenza di base che era tipica degli addetti ai lavori: concetti come spoofing, sender address, IP, telnet e altre terminologie tipiche che erano effettivamente troppo per l'uomo della strada, quell'individuo che magari si interessa alla vicenda per il suo aspetto giudiziario e sociale, ma che ne potrebbe rimanere fuori se gli si presenta un muro incomprensibile fatto di sigle e inglesismi.

Revisione dopo revisione abbiamo ridotto al minimo il divario tecnologico, abbiamo spiegato lo spiegabile, inserito note a più non posso e ridotto la terminologia al minimo sindacale. L'effetto finale è un testo per tutti, addetti ai lavori e non, al punto che qualche amico totalmente digiuno in materia mi ha detto di aver finalmente capito qualcosa di quell'intricato mondo di bit e byte. Qualche altro invece ha storto il naso con un "me lo aspettavo più tecnico" anche se, sembra, sia rimasto lo stesso rapito dalla storia.
Nonostante tutto ci potrebbero essere comuqnue tutti gli ingredienti per interessare ogni tipologia di lettore.
E poi c'è sempre il blog, perchè certe cose si possono spiegare anche fuori dalle pagine di un libro...

Tiger Team's world
Grazie a Facebook la notizia del libro si è diffusa in pochissimi giorni. E' arrivata a persone che non mi sarei mai aspettato, più o meno vicine, con tante sorprese e ricordi che mi hanno riportato a quel momento magico che io e un'altra ventina di persone abbiamo vissuto tra il 2003 e il 2006.
La storia non ha mai reso giustizia di quello che era chiuso in quegli uffici in Viale Parco dei Medici. Molti hanno l'immagine di un'oscura sala "Mara" avvolta da una coltre di fumo in cui allampanati individui urlavano come ossessi "ieri Ikon, oggi telecom, domani il mondo!!!".
Ricordo Laura, il giorno in cui vide il suo nome sui giornali, additata come parte di un gruppo responsabile di abusi e attacchi di ogni genere. Per lei non avevano usato il nickname (come per gli altri) e in barba ad ogni regolamentazione immaginabile l'avevano sbattuta in prima pagina, colpevole solo di essere nella lista consulenti del Tiger Team che era fuoriuscita senza controllo. Ricordo ancora la voce rotta dalla preoccupazione: gli dissi che poteva stare tranquilla perchè io avrei sempre difeso il gruppo, a qualunque costo.
Dopo l'annuncio del libro ho visto con piacere molti di loro parlarne, li ho anche "sentiti" discutere sull'opportunità o meno di questa scelta, e per qualcuno ho percepito l'evidente preoccupazione per una ferita "riaperta" che avevano ormai chiuso nel cassetto.
Per molti infatti quell'avventura è diventata oggetto di vergogna, per altri motivo di disoccupazione, per altri ancora un ostacolo per ricrearsi una vita professionale, al punto che in tutti i Curriculum Vitae di questi ragazzi troverete sempre un anonimo "Attività di vulnerability assessment per Telecom Italia".

Perchè è vero.
Come mi ha ricordato qualcuno al telefono, alla fine "per questa storia abbiamo sofferto tutti" (anche se poi alla fine in galera ci sono finito io) e quindi capisco anche la diffidenza e la preoccupazione che una scelta di questo tipo possa comportare.

Come ho sempre detto, non ho mai scritto questo libro per un'autodifesa o una vendetta personale. Ho solo deciso di raccontare una storia, e in questa storia raccontare cosa facevano tutti quei ragazzi, in cosa credevano e perchè ci mettevano sempre il massimo. Di un progetto che ci coinvolgeva tutti e che non aveva nulla a che vedere con la fame di attacchi e spionaggi industriali che gli è stata affibbiata.
Ragazzi che hanno creduto con me nella possibilità di creare un modello di sicurezza "vero" e innovativo, precursore dei tempi e d'esempio per tutti, anche per i colleghi d'oltremanica.
Magari non ci siamo riusciti, ma in quel momento i risultati ci davano ragione, ed è grazie a questi che molte cose in Telecom sopravvivono e hanno una loro progettualità.

Non tutti erano dei geni, non tutti erano facili da gestire, e non tutti avevano la forza morale per reggere tutto questo. A tutti questi dico di stare tranquilli, perchè questo libro consentirà forse di ricordare quei momenti con un sorriso, riabilitando una storia che è stata completamente schiacciata da vendette e interessi più o meno personali.

Anteprima della prefazione
Qualche anteprima è dovuta. Riporto integralmente la prefazione di Andrea Monti, molto significativa, che cerca di riassumere in poche parole la chiave di lettura del libro.
Buona lettura!
Quando Andrea mi ha chiesto di scrivere la prefazione a questo libro, mi sono chiesto se fossi la persona più adatta. Da un lato, infatti, ero perplesso circa l’opportunità di svolgere quella che sarebbe potuta sembrare una difesa di Andrea “fuori dal processo”. Dall’altro mi sembrava giusto contribuire a ristabilire alcune “verità” che – vuoi per carenze di elementi, vuoi per scarsa dimestichezza con il tema, vuoi per il tipico “orgasmo” da scandalo hi-tech – i mezzi di informazione avevano distorto o mal compreso. Prese in quanto tali, le vicende raccontate in Le tigri di Telecom significano poco o nulla. Ci sono indagini giudiziarie, accuse, difese, consulenze “tecniche”, interrogatori, sentenze… nulla di diverso dagli innumerevoli altri fascicoli penali che oggi intasano i palazzi di giustizia. Il processo – che ad oggi non è ancora iniziato – farà il suo corso e alla fine (se mai arriverà) si tireranno le somme.

Poi ci sono le persone. Con gli occhi di un “signor nessuno” (questo era il primo titolo che venne in mente all’autore), questo libro racconta in modo semplice e coinvolgente una parte fondamentale della storia delle telecomunicazioni di questo Paese e la nascita di un “bisinèss” basato sul nulla: quello della sicurezza informatica.

Intendiamoci, non che proteggere i computer sia una cosa semplice o poco importante, anzi. Ma quello che emerge chiaramente dalle pagine che state per leggere è che in realtà della sicurezza vera e propria nessuno si preoccupava veramente. Non i “venditori di insicurezza”, interessati soltanto a piazzare qualche partita di consulenze o di apparati, non le istituzioni, tutte impegnate a imporre adempimenti burocratici privi di sostanza, ma totalmente spiazzate quando, per una volta, è toccato “fare sul serio” nella ricerca dei responsabili di efferati omicidi o nella prevenzione di incidenti informatici minacciati alla vigilia di eventi internazionali. In quei casi, e sempre, inevitabilmente quando è oramai troppo tardi, emerge più o meno esplicitamente l’esclamazione “sarebbe stato necessario che…”.

Già, cosa sarebbe stato necessario? Beh, per cominciare, un cambio di atteggiamento da parte del legislatore rispetto alla protezione delle informazioni e delle infrastrutture. Sistemi operativi (i “cervelli” dei computer) e programmi sono progettati male, realizzati peggio e gestiti peggio ancora. È un fatto tanto noto a chiunque opera nel settore, quanto ignorato e privo di conseguenze. La scelta politica è stata quella di creare comitati e commissioni, buttando nello stesso tempo la croce (nel senso di costi e responsabilità) sulle spalle di chi usa questi sistemi e lasciando impuniti chi li crea. Sarebbe come vendere un’automobile con i freni che funzionano in modo casuale, e poi colpevolizzare chi guida per non essersene accorto.

Le aziende che utilizzano l’infrastruttura pubblica di telecomunicazioni dovrebbero essere consapevoli della criticità del ruolo che rivestono, perché trascurando la loro sicurezza, contribuiscono a danneggiare tutti gli altri soggetti collegati alla rete (illuminante, è il racconto che l’autore fa di come la mancata eliminazione di un focolaio virale prodotto da una negligenza nella gestione di un server abbia paralizzato una parte dei sistemi di Telecom Italia).

Gli utenti dovrebbero capire – o essere informati – che usare un computer collegato a una rete richiede la stessa attenzione dedicata a qualsiasi altra attività. Nessuno dovrebbe mettersi alla guida di un’automobile ignorando il funzionamento del cambio o le regole della circolazione, o si avventurerebbe in luoghi sconosciuti – o malfamati – senza adottare un minimo di precauzioni. Allo stesso modo, il computer dovrebbe essere preso per quello che è: una macchina da usare – come diceva il governatore della Milano di Alessandro Manzoni al suo cocchiere – “Adelante, sed cum judicio”, con agilità e consapevolezza.

Una consapevolezza, tuttavia, fortemente attenuata dalle semplificazioni che stampa e televisione operano sistematicamente quando si parla di reti e computer. Fin dai tempi dell’”Italian Crackdown” – l’indagine poi finita in un nulla di fatto che nel 1994 decapitò la innocente telematica amatoriale italiana – la presenza di un computer in un caso giudiziario è stata dipinta come se i pubblici ministeri stessero indagando un caso di spiritismo o di possessione diabolica. Non era raro leggere, nelle cronache, di esseri dai poteri superumani in grado di entrare e uscire a loro piacimento dai corpi elettronici di aziende e governi, di provocare disastri aerei o compiere furti miliardari con qualche colpo di mouse. E nonostante i fatti dimostrino il contrario, il cliché continua ossessivamente a stampare le stesse notizie (nonostante, per citare uno degli ultimi casi, la frode per quasi cinque miliardi di Euro che nel gennaio 2008 ha scosso la finanza francese non era certo stata causata dal solito – e inesistente – “hacker” di turno, ma da un dipendente infedele).

Anche le vicende di questo libro hanno ricevuto lo stesso “trattamento informativo”. Invece di concentrarsi sullo scenario che ha contraddistinto gli eventi e sulle cause (prossime e remote) che hanno portato all’esplosione della vicenda, i media hanno preferito la solita scorciatoia a base di spie, pirati informatici, intrighi internazionali. E come dar loro torto? Sicuramente questa è una chiave di lettura che fa vendere più copie, ma che rende un pessimo servizio ai lettori.

Per essere chiari: nessuno pretende un “atto di fede” verso i contenuti di questo libro, ma il beneficio del dubbio – rispetto a quello che pubblicamente si conosce della storia – quello sì. Come ho detto, non voglio entrare nel merito delle vicende processuali che hanno dato origine a questo libro, ma considerando quello che è successo “dopo” gli arresti, gli articoli, le polemiche, è troppo forte la tentazione di ricordare la (abusatissima) frase di Tomasi da Lampedusa, “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Tutto è cambiato, dunque, per non cambiare nulla. Tranne le vite dei protagonisti di questo libro che non saranno mai più le stesse.

La prefazione di Andrea ha una sua mini-storia da raccontare. Ricordo ancora l'incontro a Pescara con Antonella: lei gli chiese di scrivere la prefazione, lui disse che l'avrebbe fatto volentieri, ma riteneva il suo nome poco influente per un testo che lui sperava ad ampia diffusione. Aveva suggerito un altro nome, molto più autorevole come giornalista, ma effettivamente un po' troppo distante dalla genesi di questo testo.
Il tempo è passato e arrivati al dunque Antonella ha insistito perchè fosse lui l'autore della prefazione: Andrea ha scritto la sua parte tutta d'un fiato, in una sola notte.
E' proprio vero che quando sai di cosa parlare e sai immaginarlo ci vuole poco, molto poco.


Libri di carta
Finalmente sono arrivate le prime copie del libro. E' stato emozionante vedere il proprio lavoro finito, su carta vera, con uno stile vero e con il proprio nome in prima pagina.
Non mi aspettavo questo risultato. Sinceramente.
La copertina ha classe: non ha il colore arancio che mi aspettavo, ma una specie di finitura "grezza" che rende tutto molto più appealing e moderno. Persino le scritte assumono un altro stile rispetto alla prova che avevamo visto un po' di tempo fa e la tridimensionalità da' un tocco più importante e professionale al risultato. Complimenti.
La situazione mi ha portato indietro a quel lontano 1992, quando arrivarono le dieci copie imballate di Catalypse, uno dei tanti giochi realizzati per il Commodore 64. Fino a quel momento l'avventura era stato un "gioco", impegnativo e pieno di sfide, ma alla fine vissuto dentro a una normale cameretta di un liceale qualsiasi. Poi vedi il tuo lavoro dentro a una scatola "vera" con le istruzioni, il poster, le descrizioni e i dischetti, e quell'avventura assume una luce diversa: non avresti mai immaginato che il passaggio fosse così semplice.
Beh, non mi sarei mai aspettato di provare la stessa sensazione.
Almeno non dopo così tanto tempo.

Grazie a tutti...
Non ho mai creato un mio profilo su Facebook. Perchè? Da una parte il problema del tempo: gestire un social network per molti è rilassante e semplice, per me significa tenere rapporti, avere sempre qualcosa da scrivere, seguire con attenzione i propri contatti... tutte cose che mi spaventano perchè non le seguirei con la costanza e l'attenzione che meritano.
Dall'altra non mi piace parlare di me, almeno non su uno spazio inequivocabilmente mio. Ed è forse per questo che non ho mai avuto un sito o un blog personale, ne' un avatar su Second Life o uno spazio su MySpace.
Molti lettori a questo punto storceranno il naso: ma come, un tecnologo informatico che non si proietta nel fantastico mondo delle relazioni virtuali? Ebbene sì. Forse dovrà passare un po' di tempo perchè possa entrarmi nelle corde o, forse, diventerà alla fine un ostacolo generazionale insormontabile.
Poi qualche giorno fa Paola mi ha fatto una sorpresa: dopo diverse discussioni sull'opportunità o meno di usare Facebook, mi ha mostrato trionfante lo spazio virtuale dedicato al libro. Alcuni post presi da questo blog, qualche foto e alcuni messaggi di incoraggiamento indirizzati a tutti gli amici del network, oltretutto neanche tanto esteso rispetto alle legende metropolitane di facebookiana memoria.
Proprio adesso sto dando un'occhiata al gruppo (potete vederlo qui): 380 iscritti e non si sa quante richieste pendenti (credo più di mille, impressionante). Paola è contentissima e sta ringraziando tutti i nuovi iscritti uno per uno. Neanche io mi aspettavo tanto in così pochi giorni.
Magari in una settimana l'entusiasmo si spegnerà definitivamente. Perchè una settimana? Perchè sembrerebbe questa la curva di attenzione tipica del fervore internettiano, quel tempo oltre il quale sopravvivono solo le cose "serie", o almeno degne di un'attenzione mediatica.

In attesa di capire come andranno le cose, anch'io voglio ringraziarvi tutti: tutti gli amici che non hanno esitato a farsi sentire, i loro contatti, gli amici degli amici e tutti coloro che si sono uniti al coro semplicemente per curiosità.
A tutti voi, grazie di cuore, con l'augurio di diventare di più, sempre di più.

Conferenza stampa "Senza Finzioni"
Il 18 febbraio si comincia con la conferenza stampa realizzata in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Roma per presentare la nuova collana "Senza Finzioni". L'appuntamento sarà presso la sala dell'Arazzo in Campidoglio, alle ore 12.00.
Ci saranno Umberto Croppi, Marcello Baraghini e Ivan Scalfarotto, assieme al sottoscritto, Alessandro Chiarelli e alle direttrici di collana Antonella Beccaria (la mia editor) e Simona Mammano.
Di seguito la scheda di presentazione del libro:
Cosa è accaduto dentro le mura di Telecom per arrivare all’indagine giudiziaria che ha coinvolto anche il Sismi, il servizio segreto militare? Il racconto è di prima mano, perché l’autore era presente, ha visto e ha documentato i fatti così come si sono svolti. Coinvolto direttamente nelle inchieste della magistratura milanese, Andrea Pompili ci narra questa vera e propria spy story, ricostruendo i movimenti, le incursioni informatiche e infine i tradimenti che hanno coinvolto parte di quella che doveva essere una nuova classe dirigente.
Nel settembre del 2006 scoppia lo scandalo Telecom-Sismi: un’inchiesta dirompente che vuole dimostrare come alcuni ambienti legati all’ex monopolista telefonico e determinati apparati dello Stato, oltre ad alcune agenzie di investigazione privata, abbiano collezionato dossier e intercettazioni. E abbiano rubato dati e informazioni attraverso incursioni informatiche. Questi fatti vengono ricostruiti dall’interno attraverso l’esperienza vissuta dall’autore che ha coordinato il “Tiger Team” di Telecom, il gruppo a cui era demandata la sicurezza e che invece, secondo le accuse, avrebbe preso di mira Brasil Telecom, il quotidiano “Il Corriere della Sera” e la multinazionale della sicurezza Kroll.

Nasce “Senza finzione”, la nuova collana di Stampa Alternativa
Riporto integralmente l'annuncio ufficiale pubblicato sul blog di Stampa Alternativa relativamente alla nuova collana "Senza Finzione":

Inchieste “alla vecchia maniera”, quando la “controinformazione” poteva spiegare fatti altrimenti inspiegabili. Nasce raccogliendo questa eredità una nuova collana di Stampa Alternativa: si chiama Senza Finzione e contiene libri con valenza politica e sociale che affrontano tematiche scomode, legate a terrorismo, criminalità, abusi. E a raccontare queste vicende - direttamente o attraverso un autore che le raccoglie - sono spesso le voci di persone che quei fatti li hanno vissuti direttamente.

Disonora il padre e la madreFacciamo subito un paio di esempi. Il prossimo 20 febbraio usciranno i primi due titoli della collana. Il primo si intitola Disonora il padre e la madre - Un bambino stuprato, una famiglia normale, porta la prefazione di Isabella Bossi Fedrigotti ed è stato scritto da Alessandro Chiarelli, vice-commissario di polizia e a capo dell’ufficio minori della questura di Ferrara. Alessandro, negli anni di servizio in quest’ufficio, di storie di abuso sull’infanzia ne ha viste tante e le ha viste soprattutto laddove, pur sapendolo, non si dice che avvengano: in famiglia. E ha utilizzato lo strumento del romanzo per condensare nella storia di Antonio, il giovanissimo protagonista, un mondo che diventa specchio e allegoria molto limpida di una situazione diffusa. Dalla quarta di copertina infatti si legge che:

In apparenza è la vita di una famiglia benestante, normale, come tante altre. Nessuno sospetta della violenza che si abbatte sul piccolo Antonio, attirato dallo zio paterno in un gioco che di innocente non ha nulla. E quando il trauma esplode, l’illusoria tranquillità di questa famiglia crolla tra chi sa e non parla, chi nega l’evidenza, chi non avrebbe immaginato perché mai avrebbe voluto vedere. Ma c’è anche di peggio: il trincerarsi dietro il proprio ruolo di genitore, di capofamiglia, per proteggere un passato che non deve tornare.

Le tigri di TelecomIl secondo libro della nuova collana invece è di taglio totalmente diverso. Si intitola Le tigri di Telecom - Dossier, investigazioni e assalti informatici ed è stato scritto da Andrea Pompili, che fu il coordinatore del progetto Tiger Team di Telecom Italia, quello finito su tutti i giornali perché presentato come uno dei cardini dello scandalo Telecom-Sismi. Con una prefazione di Andrea Monti, avvocato ed editore italiano da anni noto nell’ambito delle libertà digitali, ecco ciò che vuole raccontare il libro di Andrea:

“Vedrà, alla fine tutto si ridurrà a una questione di tre amici al bar”. Con questo avvertimento Telecom comunicava all’autore di aver trovato la sua zona grigia e di essere disponibile a tutto perché tale rimanesse. Il problema di capire chi ne avrebbe fatto parte fu delegato alla Procura di Milano, in quel momento sulle tracce di dossier, intercettazioni e incursioni informatiche […]. Ma come si è arrivati a tutto questo? La sfida della sicurezza aziendale e delle sue deviazioni viene ricostruita attraverso l’esperienza diretta dell’autore, coordinatore del progetto Tiger Team di Telecom Italia: il gruppo che, secondo le accuse, avrebbe preso di mira diverse realtà aziendali tra cui “Il Corriere della Sera”.

E poi due parole su chi dirigerà la collana: si tratta di due autrici. La prima è Simona Mammano, assistente capo della polizia di stato, è iscritta al sindacato SILP-CGIL e in passato è stata collaboratrice del Siulp di Bologna, dove dal 1997 al 2007 ha curato il Premio “Franco Fedeli”, assegnato al miglior libro poliziesco italiano. Ha pubblicato con Meridiano Zero nell’antologia La legge dei figli (2007) un racconto sull’assalto alla scuola Diaz durante il G8 di Genova. Scrive per la pagina dei libri di Repubblica Bologna, Polizia e Democrazia, Thriller Magazine e Delitti di carta.

Antonella Beccaria ha pubblicato per Stampa Alternativa Pentiti di niente (2008), Uno bianca e trame nere (2007), Bambini di Satana (2006) e NoSCOpyright (2004). Curatrice dell’antologia Creative Commons in Noir (2008), collabora con MilanoNera, Thriller Magazine e con altre riviste dedicate a letteratura e crimine. Ha tradotto diversi saggi sulla cultura della Rete e dal 2006 segue Fronte della Comunicazione, il blog di Stampa Alternativa. A breve uscirà il libro Il programma di Licio Gelli. Una profezia avverata? (Socialmente).

E in ultimo - ma non ultimo - un annuncio, su cui avremo modo di tornare nei prossimi giorni: per incontrare gli autori, le curatrici di collana e Marcello Baraghini, direttore editoriale di Stampa Alternativa, il 18 febbraio prossimo, a mezzogiorno, ci sarà una conferenza stampa di presentazione a Roma, nella sala dell’Arazzo in Campidoglio, a cui parteciperanno Umberto Croppi e Ivan Scalfarotto, esponente del Partito Democratico e una delle anime del gruppo iMille.

Disonora il padre e la madre - Un bambino stuprato, una famiglia normale di Alessandro Chiarelli
Collana Senza Finzione
264 pagine
ISBN: 978-88-6222-069-9

Le tigri di Telecom - Dossier, investigazioni e assalti informatici di Andrea Pompili
Collana Senza Finzione
372 pagine
ISBN: 978-88-6222-068-2


Il problema del consulente
In attesa delle prove generali per il procedimento Telecom mi piace seguire le vicende più o meno intricate che tanto animano e dividono l'opinione pubblica italiana. Ultimamente sembra destare molto interesse la questione dei consulenti della Procura della Repubblica, problema figlio di quel metodo e quella capillarità investigativa fuoriuscito con il caso Genchi e con l'inchiesta Why Not?
In realtà gli addetti sanno che non c'è nessun "caso Genchi": un consulente a cui viene assegnato un incarico dalla Procura deve per forza analizzare e incrociare contenuti anche delicati provenienti da tabulati, trascrizioni, anagrafiche, log informatici e chi più ne ha più ne metta. Gioacchino Genchi doveva avere quei dati per proseguire sui quesiti posti dal magistrato titolare dell'indagine: si potrebbe obiettare su questioni di eccessivo zelo o accanimento terapeutico, ma anche se fosse così, la colpa non sarebbe comunque del consulente, ma forse di chi avrebbe richiesto e firmato i decreti di acquisizione per quella mole di dati.
Dal punto di vista tecnico sono quindi solidale con i consulenti della Procura, e non reputo assolutamente corrette le accuse che sono state mosse a Genchi e ai suoi metodi (tant'è che ho anche linkato il suo blog al mio), almeno non quelle per cui tutti si stanno scaldando.
Perchè credo che l'opinione pubblica stia puntando il dito sul problema sbagliato.

Primo problema: anche se non è sindacabile cosa faccia il consulente di tutte quelle informazioni, questo è vero finchè ha un mandato o c'è un'indagine in corso. Quello che accade dopo è avvolto nel mistero, o comunque legato alle responsabilità professionali del consulente stesso.
Con questo non voglio dire che esistano copie fuorilegge di dati o informazioni raccolte in sede d'indagine, ma è anche vero che alcune di queste hanno portato in mano ai consulenti migliaia di dati strategici e irraggiungibili in un contesto "naturale". Sono sicuro che al termine del mandato tutti avranno cancellato in maniera sicura i contenuti, ma si sa, l'occasione fa l'uomo ladro.

Secondo problema: il consulente è uno specialista tecnico, un professionista che analizza i dati a disposizione per rispondere tecnicamente alle richieste del magistrato. E "tecnicamente" significa "in maniera oggettiva", senza alcun commento o forzatura qualsiasi sia il ritrovamento.
Molte volte le relazioni tecniche sono invece arricchite da termini qualificanti come "preoccupante" o "inquietante", termini che rasentano il limite delle opinioni. Magari il magistrato è abbastanza intelligente da dividere i fatti dal calore investigativo del consulente.
Sicuramente questo aspetto ci riporta a un concetto fondamentale: le indagini sono sempre fatte da uomini. Bravi, professionali, intelligenti, perspicaci, ma sempre uomini.